In epoca odierna dove tutto è oramai digitalizzato, dove bastano pochi click per acquistare un qualsiasi titolo videoludico o sfogliare la propria libreria, io mi chiedo quanto valga realmente un gioco. Non mi riferisco al titolo di per sé, ma al valore intrinseco di ciò che un tempo avevamo in mano, letteralmente parlando. Per i più giovani che in questo momento stanno leggendo, in attesa magari del caricamento del loro battle royal preferito, mi sto riferendo a quel dischetto, quella cartuccia, quella scatola di cartone o quella custodia in plastica che ancora oggi trovano spazio nella mia libreria o scaffale, seppur condivida casa con un’altra persona dove quindi ciò che un tempo era il mio regno ora è il mio angolo. Spesso mi capita di guardare quelle scatole polverose richiamando alla memoria i tempi passati assieme, gli sforzi economici e i segni del tempo presenti su quelle custodie e sulla mia pelle. Sebbene l’articolo possa sembrare un discorso nostalgico di un uomo che rivanga il passato in realtà nasce a seguito di un diverbio avuto in “redazione” riguardo la retrocompatibilità e la sua importanza nel mondo videoludico, dove per redazione intendo la nostra panchina fuori dal bar e per diverbio intendo una quelle allegre parlate ad alta voce che si manifestano dalla terza birra in poi.
EVOLUZIONE DI VENDITA E POTERE DI ACQUISTO.
Analizzando il mercato videoludico attuale, al momento è possibile acquistare sia la copia fisica che digitale di un qualsiasi titolo, fatte piccole eccezioni (il mercato indie, per esempio).
Ma se un domani lo store digitale, dove acquistate regolarmente i vostri titoli, dovesse chiudere?

L’IMPORTANZA DELLA RETROCOMPATIBILITA’.
Per i pochi lettori giunti a questo punto facciamo due chiacchiere in amicizia. Come avete potuto notare non ho citato minimamente il retrogaming per svariati motivi. Sono consapevole che il mercato del retrogaming è molto attivo, forse in quest’epoca più del passato, ma resta comunque un settore di nicchia dove, se da un lato perpetua il concetto di memoria videoludica, conservare e giocare rappresenta la reale difficoltà. Immaginate di voler recuperare un qualsiasi titolo del passato. Per giocare avete bisogno di recupere il gioco, una console funzionate e sperate di dover prendere solo un adattatore per il vostro televisore, altrimenti tocca prendere pure quello! Senza considerare lo spazio che dovete trovare in casa per montare il tutto. Molto meglio accendere Nintendo Switch e in meno di un minuto ecco pronto il primo livello di Super Mario. C’è poco da fare, il retrogaming è per pochi!
Sul base di quanto scritto in precedenza eccoci giunti al punto chiave dell’articolo. Quanto importante sia la retrocompatibilità nel mercato videoludico attuale. Non mi riferisco solo alle console attuali capaci di riprodurre titoli di precedenti generazioni, come Xbox o Switch, ma anche la “Generation Mini” come mi piace definirle, ovvero tutte le riproduzioni moderne delle vecchie console. Il valore della riscoperta, il nostalgico tuffo nel passato, le differenti chiavi di lettura videoludiche. Sono tutti aspetti presenti in queste console il cui valore aggiunto è proprio riportare in auge le memorie di un passato che è giusto ricordare. Dobbiamo essere però onesti e riconoscere il fatto che molte di queste mini console son state create con l’intento di generare un facile introito per le aziende andando magari a snaturare quelli che sono i concetti precedentemente espressi. Tuttavia queste console unite alla retrocompatibilità di altre sono al momento gli unici strumenti legali per poter reperiti i titoli del passato. Gli unici strumenti che abbiamo in mano per poter creare una memoria storica che tutti dovremmo avere, a mio parere, per capire cos’è realmente un videogioco e quanta strada, quanti errori e quanti capolavori ci sono alle nostre spalle.